Case grotta e cisterne 2018-02-25T18:08:29+00:00

Le architetture scavate di Matera sono migliaia e le abbiamo suddivise  in differenti tipologie. Non è uno schema rigido, in quanto in base alle convenienze dell’epoca si adattava lo scavo ad una nuova destinazione d’uso e dunque ogni cavità conserva tracce appartenenti a diverse tipologie.

Per ciascuna tipologia abbiamo selezionato i luoghi più rappresentativi.

Case grotta
L’utilizzo di abitazioni scavate nella roccia non è stato omogeneo nel corso della storia di Matera e pare essere stato abbastanza diffuso durante il dominio bizantino (nei secoli a cavallo del Mille), e dall’epoca napoleonica al dopoguerra (1805-1952), quando 4mila persone su 18mila residenti nei Sassi abitavano in case grotta, convertendo a tale destinazione d’uso strutture appartenenti originariamente ad altre tipologie. Le case grotta di rado sono interamente scavate nella roccia: solitamente presentano anche un avamposto costruito. Poichè si tratta spesso dell’ultimo utilizzo di una grotta, conserviamo segni, documenti, memoria storica ed evidenti tracce dell’organizzazione dello spazio abitativo: la cucina, la stalla, lo spazio per il letto, i depositi, le cisterne, sono ancora oggi ben leggibili.

Alcune case grotta dei Sassi sono state arredate così come erano negli anni 50, per offrire una testimonianza tangibile delle condizioni di vita che portarono il Governo italiano a decretare lo sfollamento coatto di tutti gli abitanti. Fra le case grotta tipicamente arredate, quella di Vico Solitario presenta un’atmosfera raccolta ed esemplificativa dell’organizzazione dello spazio abitativo; la casa grotta del Casalnuovo permette di apprezzare l’ampiezza degli scavi e le tipologie precedenti a quella residenziale.

Cisterne
La roccia che compone l’altopiano delle murge, per la sua porosità, non consente corsi d’acqua superficiali. Pertanto in passato per disporre di acqua tutto l’anno, è stato necessario realizzare vasche, cisterne e serbatoi. Elementi comuni a tutte le cisterne sono lo scavo nella roccia e l’impermeabilizzazione ottenuta con il “coccio pesto”, uno speciale intonaco a base di terracotta frantumata. Per dissetare gli animali in zone rurali venivano realizzate all’aperto le “cisterne a tetto”, che raccoglievano acqua piovana ed erano dotate di una piccola vasca di decantazione. In ambito urbano e per il consumo umano si utilizzavano le “cisterne a campana”, che erano strutturate in modo da permettere un ingegnoso sistema di filtraggio dell’acqua piovana tramite il “troppo pieno”: l’acqua tracima da una cisterna alla successiva decantando man mano. A queste cisterne private si aggiungevano le monumentali cisterne pubbliche, chiamate “palombari”, dalle dimensioni colossali e alimentate quasi sempre anche da acqua sorgiva.

Le cisterne a tetto sono molto diffuse nel Parco della Murgia, anche nei pressi di Jazzo Gattini. Vedi Visita guidata

Il complesso di San Giorgio offre un istruttivo esempio di cisterne a campana di una dimora privata. Qui percorsi realizzati appositamente permettono di entrare nelle cisterne e di osservare da vicino il sistema di filtraggio, l’intonaco e le bocche di attingimento. L’assenza di pavimento consente di vedere anche le canalette di collegamento.

Il Palombaro lungo, sotto Piazza Vittorio Veneto, rappresenta la più imponente cisterna pubblica della città. Ha una capacità di 5 milioni di litri d’acqua per una profondità di 18 metri ed una lunghezza di 50 metri, distribuiti in una forma sinuosa e inusuale, in quanto risultato dell’accorpamento di ambienti ipogei preesistenti. Esplorata per la prima volta solo nel 1991, e quasi interamente svuotata per pemetterne l’accesso, oggi si visita camminando su una passerella sospesa sull’acqua.