Le architetture scavate di Matera sono migliaia e le abbiamo suddivise in differenti tipologie. Non è uno schema rigido, in quanto in base alle convenienze dell’epoca si adattava lo scavo ad una nuova destinazione d’uso e dunque ogni cavità conserva tracce appartenenti a diverse tipologie.
Per ciascuna tipologia abbiamo selezionato i luoghi più rappresentativi.
La più celebre è la “Grotta dei Pipistrelli” che si apre lungo il fianco del canyon della gravina a pochi Km di distanza dai Sassi. Frequentata sin dal Paleolitico, è caratterizzata dal continuo stillicidio dell’acqua, dalla presenza di pipistrelli e da interi tratti percorribili solo a carponi. Difficilmente raggiungibile senza una guida, è stata oggetto di importanti scavi archeologici, i cui reperti sono esposti presso il Museo Ridola.
Strutture preistoriche
La friabilità della roccia locale ha permesso lo scavo sin dal Neolitico, con l’utilizzo di soli attrezzi litici. Non si abitava in grotta ma in villaggi formati da capanne, spesso racchiusi da profonde trincee.
Furono anche effettuati scavi a ridosso delle pareti rocciose da utilizzare come ripari ma questi ultimi sono stati modificati nel corso dei millenni successivi, perdendo la loro struttura originaria.
Sono ancora ben visibili invece le trincee degli insediamenti neolitici (si pensa che fossero destinati sia ad usi residenziali che di allevamento) e le “tombe a grotticella” dell’età dei metalli.
Il Villaggio neolitico di Murgia Timone, nei pressi di Jazzo Gattini, fornisce un valido esempio di insediamento provvisto di trincea. Scavata nella roccia, racchiude il “villaggio” in due grandi cerchi uniti da un passaggio. All’interno dello spazio trincerato, ci sono numerosi buchi che testimoniano i pali di fondazione delle capanne, e fosse utilizzate come depositi. Lungo la trincea fu realizzata in epoca successiva la monumentale “tomba a doppio cerchio”, esempio ancora intatto della tipologia “a grotticella”, che prevede una piccola cavità artificiale circondata da un doppio circolo di pietre.
Chiese rupestri
Si tratta di luoghi di culto scavati nella roccia, risalenti a diverse epoche e presenti in numero considerevole (ne sono state catalogate fino a 150) sia nei Sassi che nel territorio materano. Non si tratta di grotte naturali, simili a caverne, ma di vere e proprie architetture scavate, che nulla hanno da invidiare alle architetture costruite, ed anzi spesso ne simulano forme, struttura e decorazioni: cupole, matronei, colonne, lesene, absidi, iconostasi, fonti battesimali, confessionali, altari: tutto è ricavato nell’opera di scavo, con un procedimento che spesso viene definito “architettura in negativo”, dove si toglie dal pieno anzichè costruire.
Una tesi ormai superata e priva di ogni fondamento riteneva fossero state scavate da monaci orientali eremiti, ma in realtà ogni chiesa rupestre presenta genesi e vicissitudini proprie, tutt’altro che avulse dal contesto storico locale, esattamente come per le chiese costruite. Molte conservano ancora la decorazione pittorica originale, nonostante quasi tutte siano state riutilizzate con altre destinazioni d’uso. Si tratta in prevalenza di affreschi medievali raffiguranti singole icone di santi, pur con importanti eccezioni con scene e cicli, opera di maestranze locali e meridionali, spesso di fattura pregiata.
Il ciclo di affreschi più antico e rappresentativo del territorio rappresenta la Genesi, risale circa all’ 830 d.C, epoca di dominio longobardo della città ed è steso sulle pareti della cosiddetta Cripta del Peccato Originale, fuori dalla città. Nel cuore dei Sassi svetta il Monterrone, un’emergenza rocciosa al cui interno sono scavate Madonna de Idris e San Giovanni in Monterrone, che conservano pregevoli affreschi rappresentativi della tipologia medievale delle icone. Un’ottima idea della complessità delle architetture scavate è fornita dalle chiese di Madonna delle Virtù con i suoi pilastri quadrilobati e matronei simulati sulla volta, da Santa Lucia alle Malve, ricca di archi pensili, nicchie e cupolette e da Santa Barbara, che conserva intatta l’iconostasi scavata. Il destino di riutilizzo comune a quasi tutti questi luoghi è ben testimoniato dal Convicinio di Sant’Antonio, un articolato complesso di 4 luoghi di culto comunicanti, trasformati in cantine nel Settecento, dove i palmenti per il vino convivono con affreschi trecenteschi. L’unico luogo di sepoltura aperto al pubblico è negli ipogei di San Pietro Barisano, con le cosiddette catacombe a scolare, dove i defunti erano disposti su sedili intagliati nella roccia.
La più monumentale delle chiese rupestri è la Madonna della Vaglia, poco fuori città, dotata di 4 portali e 3 navate absidate, ma attualmente chiusa al pubblico. Madonna delle tre porte, nel Parco della Murgia materana, fu testimone dell’episodio più eclatante avvenuto in una chiesa rupestre nell’ultimo secolo, avendo subito il furto della quasi totalità dei suoi affreschi, recuperati poi grazie ad indagini accurate e rocambolesche di comuni cittadini.
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Casali rupestri
Durante l’epoca di dominio bizantino (intorno all’anno Mille), politiche fiscali favorirono il popolamento delle campagne: vennero così costituendosi piccoli nuclei abitati nell’agro, i casali, che riunivano strutture residenziali e produttive e che furono abbandonati già nel corso del Duecento. Fra questi insediamenti rurali, si rinvengono ancora oggi molti casali rupestri, che si sono ben conservati proprio in quanto scavati nella solida roccia. All’interno dei casali si possono facilmente riconoscere grotte appartenenti alle diverse tipologie che descriviamo in questa pagina, dai luoghi di culto alle case, ai luoghi di produzione. Non dimentichiamo come alcuni di questi casali, prossimi al nucleo urbano, costituirono le cellule primordiali dei rioni Sassi.
Il più completo e rappresentativo dei casali rupestri è il “Villaggio Saraceno”, che prende il nome dalla famiglia Saraceno cui apparteneva, e dista circa 10 km dai Sassi. Ci sono oltre 90 grotte, allineate lungo una piccola valle affluente della gravina. Fra queste, spiccano la chiesa di Santa Maria al Visciolo (già conosciuta come San Luca), l’esempio meglio conservato di chiesa rupestre dell’XI secolo, e tipici esempi di dimore, percorsi e cisterne dei casali. I sentieri che vi conducono non sono segnalati, ma l’escursione è agevole con l’aiuto di una guida. Vedi -> Visite guidate
Case grotta
L’utilizzo di abitazioni scavate nella roccia non è stato omogeneo nel corso della storia di Matera e pare essere stato abbastanza diffuso durante il dominio bizantino (nei secoli a cavallo del Mille), e dall’epoca napoleonica al dopoguerra (1805-1952), quando 4mila persone su 18mila residenti nei Sassi abitavano in case grotta, convertendo a tale destinazione d’uso strutture appartenenti originariamente ad altre tipologie. Le case grotta di rado sono interamente scavate nella roccia: solitamente presentano anche un avamposto costruito. Poichè si tratta spesso dell’ultimo utilizzo di una grotta, conserviamo segni, documenti, memoria storica ed evidenti tracce dell’organizzazione dello spazio abitativo: la cucina, la stalla, lo spazio per il letto, i depositi, le cisterne, sono ancora oggi ben leggibili.
Alcune case grotta dei Sassi sono state arredate così come erano negli anni 50, per offrire una testimonianza tangibile delle condizioni di vita che portarono il Governo italiano a decretare lo sfollamento coatto di tutti gli abitanti. Fra le case grotta tipicamente arredate, quella di Vico Solitario presenta un’atmosfera raccolta ed esemplificativa dell’organizzazione dello spazio abitativo; la casa grotta del Casalnuovo permette di apprezzare l’ampiezza degli scavi e le tipologie precedenti a quella residenziale.
Cisterne
La roccia che compone l’altopiano delle murge, per la sua porosità, non consente corsi d’acqua superficiali. Pertanto in passato per disporre di acqua tutto l’anno, è stato necessario realizzare vasche, cisterne e serbatoi. Elementi comuni a tutte le cisterne sono lo scavo nella roccia e l’impermeabilizzazione ottenuta con il “coccio pesto”, uno speciale intonaco a base di terracotta frantumata. Per dissetare gli animali in zone rurali venivano realizzate all’aperto le “cisterne a tetto”, che raccoglievano acqua piovana ed erano dotate di una piccola vasca di decantazione. In ambito urbano e per il consumo umano si utilizzavano le “cisterne a campana”, che erano strutturate in modo da permettere un ingegnoso sistema di filtraggio dell’acqua piovana tramite il “troppo pieno”: l’acqua tracima da una cisterna alla successiva decantando man mano. A queste cisterne private si aggiungevano le monumentali cisterne pubbliche, chiamate “palombari”, dalle dimensioni colossali e alimentate quasi sempre anche da acqua sorgiva.
Le cisterne a tetto sono molto diffuse nel Parco della Murgia, anche nei pressi di Jazzo Gattini. Vedi Visita guidata
Il complesso di San Giorgio offre un istruttivo esempio di cisterne a campana di una dimora privata. Qui percorsi realizzati appositamente permettono di entrare nelle cisterne e di osservare da vicino il sistema di filtraggio, l’intonaco e le bocche di attingimento. L’assenza di pavimento consente di vedere anche le canalette di collegamento.
Il Palombaro lungo, sotto Piazza Vittorio Veneto, rappresenta la più imponente cisterna pubblica della città. Ha una capacità di 5 milioni di litri d’acqua per una profondità di 18 metri ed una lunghezza di 50 metri, distribuiti in una forma sinuosa e inusuale, in quanto risultato dell’accorpamento di ambienti ipogei preesistenti. Esplorata per la prima volta solo nel 1991, e quasi interamente svuotata per pemetterne l’accesso, oggi si visita camminando su una passerella sospesa sull’acqua.
Luoghi di lavoro
Nelle zone periferiche della città antica trovavano posto le concerie per la lavorazione delle pelli, i lanifici per la lavorazione della lana, e le officine di fabbri e calderari, che sfruttavano l’isolamento fornito dalle grotte per impedire il propagarsi di eventuali incendi nei locali contigui. La temperatura costante, l’umidità ed il buio erano fattori ottimali per la produzione e la conservazione del vino: centinaia di grotte sono state usate come cantine e risultano ancora oggi facilmente riconoscibili in quanto generalmente esposte a nord e sempre scavate in discesa: più si scende più la temperatura diventa costante. Numerosi anche i frantoi ed i mulini ipogei: le produzioni di olio e farina spesso avvenivano nei mesi invernali, quando le temperature rigide non avrebbero consentito le trasformazioni delle materie prime, e pertanto gli ambienti naturalmente tiepidi delle grotte risultavano più idonei per tali lavorazioni.
Poiché generalmente con la Rivoluzione Industriale le grotte hanno perso i loro vantaggi produttivi e sono quindi state destinate ad altri utilizzi, non tutte queste tipologie sono visitabili e fruibili. Esempi ancora intatti di concerie medievali sono visitabili presso gli Ipogei di Piazza Vittorio Veneto, ed usavano la medesima sorgente che successivamente, con la chiusura delle concerie, fu usata per alimentare il palombaro lungo.
Le cantine, riconoscibili per il loro andamento in forte pendenza su vari livelli, sono molto diffuse e sono facilmente visitabili: molti dei ristoranti dei Sassi oggi occupano quelle che un tempo erano cantine. Per visitare invece una cantina con spirito didattico, esiste il Museo del vino. Un frantoio ipogeo ancora intatto e visitabile è presso Masseria San Francesco.
Cave
Ogni scavo ha sempre fornito materiale da costruzione, pur se poi destinato ad altro. Qui invece indaghiamo quegli scavi che hanno svolto esclusivamente la funzione di cava. Molto diffuse nell’agro sono delle piccole cave, spesso utilizzate per singoli fabbricati e poi abbandonate. Nei pressi della nuova via Appia sono invece presenti cave di grandi dimensioni, che hanno fornito materiale da costruzione sin dal Settecento e fino al dopoguerra, quando il cemento armato andò sostituendo il “tufo”, nome comune per la calcarenite.
Tra queste, una è tuttora in funzione per fornire il materiale utile al recupero dei rioni Sassi; altre sono oggi destinate ad ospitare spettacoli o grandi sculture (Cava del sole e Parco della Palomba).
Esempio raro e unico è la “Casa Cava”, una cava interamente sotterranea situata all’interno dei Sassi. Al vantaggio della posizione urbana si contrapponeva lo svantaggio dell’estrazione al chiuso del materiale. Per tali motivi, fu abbandonata con l’apertura delle grandi cave settecentesche all’aperto che sorsero fuori città.
Riutilizzi moderni
Con il recupero dei Sassi le architetture scavate sono state adibite a nuove funzioni: a volte sono ambienti di servizio per le abitazioni residenziali, più spesso ospitano ristoranti e locali, e camere d’albergo molto suggestive, che in alcuni casi ripropongono atmosfere d’epoca e in altri arredi di design moderno a contrasto con l’immagine primitiva della grotta. Le chiese rupestri sono state musealizzate, e la più grande cavità nei Sassi, la casa cava, ospita oggi un moderno auditorium. Il terziario è molto presente: incubatori di imprese creative, uffici e residenze d’artista. Il benessere può giovarsi di ambienti termali ricavati in grotta, e i più temerari potranno provare il golf simulato sotto Piazza Vittorio Veneto